Qualche tempo ho avuto una specie di illuminazione: ho improvvisamente capito da dove scaturisce il mio ancestrale amore per le metropoli.
Mi sono ricordata di quanto avevo letto alle elementari, sul mio sussidiario a righe gialle. Una poesia che descriveva le sensazioni di un individuo alle prese con una grande metropoli. Quella sensazione di stordimento, quel sentirsi persi tra mille persone sconosciute, circondati dalle luci, dalla grandezza degli edifici e dalla velocità di un traffico ininterrotto, immersi nell'odore della metro. I fugaci sguardi scambiati con i passanti, i semafori agli angoli delle strade, i destini che si incrociano per un attimo, per poi andare chissà dove...
Sono queste le sensazioni che ho ritrovato a Tokyo (l'ho raccontato un po' qui), che è ancora oggi la mia metropoli del cuore. Tutto è partito da quella poesia sul sussidiario. Incredibile come le cose si imprimano e si ingigantiscano, nell'immaginario dei bambini.
La poesia in questione era ambientata nella Mosca degli anni '80, descritta come una prodigiosa metropoli. Erano le concitate parole del poeta e drammaturgo russo Evgenij Evtušenko.
In stracarichi tranvai...
In stracarichi tranvai
accalcandoci insieme,
dimenandoci insieme,
insieme barcolliamo. Uguali ci rende
una uguale stanchezza.
Di quando in quando c'inghiotte.
il metrò,
poi dalla bocca fumosa ci risputa,
il metrò.
Per incerte strade, tra vortici bianchi
camminiamo, uomini accanto a uomini
I nostri fiati si mescolano fra loro,
si scambiano e si confondono le orme
Dalle tasche tiriamo fuori il tabacco,
mugoliamo qualche canzonetta di moda
Urtandoci coi gomiti,
diciamo scusa o non diciamo niente.
La neve sbatte contro le facce tranquille
Avare, sorde parole ci scambiamo.
E proprio noi, tutti noi, ecco qui,
tutti insieme, siamo
quello che all'estero chiamano Mosca!
Noi che qui ce ne andiamo con le nostre borse;
sottobraccio, coi nostri pacchetti e fagottelli,
siamo coloro che nei cieli scagliano astronavi
e sbigottiscono i cuori ed i cervelli.
Ognuno per conto suo, attraverso
le nostre Sadowye, Lebjazie, Trubnye
secondo un proprio itinerario
senza conoscerci l'un l'altro
noi, sfiorandoci l'un l'altro,
andiamo...
Mi sono ricordata di quanto avevo letto alle elementari, sul mio sussidiario a righe gialle. Una poesia che descriveva le sensazioni di un individuo alle prese con una grande metropoli. Quella sensazione di stordimento, quel sentirsi persi tra mille persone sconosciute, circondati dalle luci, dalla grandezza degli edifici e dalla velocità di un traffico ininterrotto, immersi nell'odore della metro. I fugaci sguardi scambiati con i passanti, i semafori agli angoli delle strade, i destini che si incrociano per un attimo, per poi andare chissà dove...
Sono queste le sensazioni che ho ritrovato a Tokyo (l'ho raccontato un po' qui), che è ancora oggi la mia metropoli del cuore. Tutto è partito da quella poesia sul sussidiario. Incredibile come le cose si imprimano e si ingigantiscano, nell'immaginario dei bambini.
La poesia in questione era ambientata nella Mosca degli anni '80, descritta come una prodigiosa metropoli. Erano le concitate parole del poeta e drammaturgo russo Evgenij Evtušenko.
In stracarichi tranvai...
In stracarichi tranvai
accalcandoci insieme,
dimenandoci insieme,
insieme barcolliamo. Uguali ci rende
una uguale stanchezza.
Di quando in quando c'inghiotte.
il metrò,
poi dalla bocca fumosa ci risputa,
il metrò.
Per incerte strade, tra vortici bianchi
camminiamo, uomini accanto a uomini
I nostri fiati si mescolano fra loro,
si scambiano e si confondono le orme
Dalle tasche tiriamo fuori il tabacco,
mugoliamo qualche canzonetta di moda
Urtandoci coi gomiti,
diciamo scusa o non diciamo niente.
La neve sbatte contro le facce tranquille
Avare, sorde parole ci scambiamo.
E proprio noi, tutti noi, ecco qui,
tutti insieme, siamo
quello che all'estero chiamano Mosca!
Noi che qui ce ne andiamo con le nostre borse;
sottobraccio, coi nostri pacchetti e fagottelli,
siamo coloro che nei cieli scagliano astronavi
e sbigottiscono i cuori ed i cervelli.
Ognuno per conto suo, attraverso
le nostre Sadowye, Lebjazie, Trubnye
secondo un proprio itinerario
senza conoscerci l'un l'altro
noi, sfiorandoci l'un l'altro,
andiamo...
Molto bello, questo post.
RispondiEliminaAnche io amo le metropoli, pur vivendo in un paesino di provincia.
Mi è piaciuta questa scoperta a ritroso nel tempo delle sensazioni date da una poesia di qualche anno fa!
Grazie mille, cara Serena :-)
EliminaCosa significa vortici bianchi?
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